Un guaio in pentola: la guerra delle parole nel mondo culinario vegetale potrebbe sembrare una storia vecchia, ma la scena europea si è appena accesa con una nuova giravolta!
Ti sei mai chiesto se un “burger” senza carne possa davvero chiamarsi “burger”? Beh, a quanto pare la questione è tutt’altro che risolta. Dopo un periodo di apparente calma, la discussione sull’uso di termini tradizionalmente legati alla carne per definire prodotti a base vegetale è nuovamente infuocata, con la Corte di Giustizia Europea che ha recentemente rimescolato le carte.
Nel bel mezzo del 2022, la Francia aveva deciso di dire basta all’uso di nomi come “steak vegetale”, nel tentativo di proteggere i consumatori da quelle che considerava potenziali confusioni. Ma ecco che aziende come Beyond Meat e il consorzio Protéines France non ci stanno e portano il caso davanti ai giudici, invocando i diritti dei vegetali a farsi chiamare come meglio credono.
Il verdetto dell’UE e le conseguenze in cucina
La Corte di Giustizia Europea, lo scorso 4 ottobre, ha messo le cose in chiaro: un paese non può vietare a piacimento l’uso di certi termini senza avere delle definizioni legali ben precise. Vuoi dire “lardons vegetali”? Prima definisciamo cosa vuol dire esattamente “vegetale”. La corte ha detto anche che, se proprio ci sono dubbi, le autorità si possono sempre mettere di traverso per evitare che i consumatori si confondano.
Questa sentenza ha lasciato tutti con l’acquolina in bocca, perché ora il Consiglio di Stato deve decidere se effettivamente lasciare che chi produce “carne senza carne” possa usare quei nomi cari ai carnivori. E la posta in gioco è alta, perché la decisione potrebbe influenzare tutta l’industria alimentare e il crescente interesse per cibi vegetariani e vegani.
Dove andremo a parare con le etichette?
Con tante persone che si buttano sul vegetariano o vegano, sapere cosa c’è scritto sul pacchetto diventa sempre più importante. La decisione finale potrebbe cambiare le carte in tavola non solo per chi fa “succulente imitazioni”, ma anche per chi al supermercato vuole capire cosa sta mettendo nel carrello.
In una cucina dove si sta cercando di mescolare tradizione e innovazione senza fare troppi danni, sarà fondamentale trovare un modo per dire le cose come stanno. Avere delle regole chiare su come chiamare i prodotti potrebbe non solo mettere la parola fine a tutte queste battaglie legali, ma anche aiutare tutti a fare scelte più consapevoli e magari un po’ più verdi per il nostro domani.
“Si vive di ciò che si mangia, ma anche delle parole che si usano per descriverlo”, potrebbe essere una riflessione moderna che ben si adatta alla controversia che vede protagonisti termini alimentari tradizionalmente associati a prodotti di origine animale e il loro uso per descrivere alimenti di origine vegetale. La recente decisione della Corte di Giustizia Europea segna un punto di svolta nel dibattito sull’uso di parole come «steak» o «jambon» per i prodotti vegetali, ribadendo l’importanza di una definizione legale chiara prima di imporre restrizioni.
Questo episodio non è solo una vittoria per aziende come Beyond Meat, ma pone le basi per una riflessione più ampia sul futuro dell’alimentazione e sulla necessità di un linguaggio che sappia evolversi insieme alle abitudini dei consumatori. La decisione finale del Consiglio di Stato sarà cruciale per determinare se il mercato alimentare possa continuare a usare liberamente questi termini, in un’epoca in cui la sostenibilità e le scelte etiche guidano sempre più il consumo.